È morto Carlo Quartucci

È morto Carlo Quartucci

È morto ieri notte, a Roma, Carlo Quartucci, una delle voci più importanti del teatro sperimentale italiano sia nelle vesti di attore che di regista e scenografo.

La sua ricerca, che ha toccato anche i classici antichi e moderni da Sofocle a Ibsen passando per Shakespeare, ha ruotato largamente intorno all’opera di Beckett non solo in termini di messa in scena delle opere firmate dall’autore irlandese quanto come approccio che Quartucci ha adottato nei confronti del Teatro.

Il nome di Carlo Quartucci — che era nato a Messina nel 1938 — si impose dal 1967, quando a partire dal convegno di Ivrea si cominciò a parlare di un’avanguardia teatrale italiana. Fu lì che l’effetto Beckett piombò come una tegola dal cielo a rinnovare l’idea stessa di azione teatrale.

Eppure già prima di quella data, un poco più che ventenne Quartucci aveva incontrato Beckett con le messe in scena realizzate nei primissimi anni Sessanta di Aspettando Godot, Atto senza parole e Finale di partita che avevano attirato sul giovane attore siciliano l’attenzione della critica e di colleghi già affermati.

Quartucci “leggeva” Beckett con una leggerezza quasi naïf e al tempo stesso con grandissimo rigore formale, andando direttamente al cuore della poetica beckettiana. Prova ne erano le scenografie essenziali e la regia geometrica, aggettivo chiave nell’interpretazione beckettiana.

“Aspettando Godot”, regia di Carlo Quartucci. Con Leo De Berardinis (Vladimiro), Rino Sudano (Estragone), Mario Rodriguez (Ragazzo) – 1964 – Foto Archivio La Zattera di Babele.

In un articolo apparso nel 1965 su Fotografia Italiana lo stesso Quartucci avrebbe dichiarato: «Vladimiro ha una forma verticale, una linea sottile che segna continuamente lo spazio con curve e spostamenti da destra e sinistra e viceversa […] Estragone al contrario ha uno sviluppo orizzontale: massa molle che saltella da un punto all’altro, movimenti grotteschi, rudi. […] Lo spazio scenico diventa così un microcosmo di geometrie curve, di zone stagne, in cui Vladimiro, Estragone, Pozzo, Lucky creano, spezzano, riformano, figurazioni e moduli visivi di una loro risultante umana.»

Alla fine degli anni Ottanta Quartucci si sarebbe dedicato al Progetto Beckett, con la consulenza drammaturgia di Franco Quadri, sorta di antologia teatrale beckettiana, con una preponderanza di “pezzi” tratta dalla produzione più tarda dell’autore irlandese.