
Con Cauteruccio nel buio di Beckett
Giancarlo Cauteruccio è uno degli artisti più innovativi della seconda avanguardia teatrale italiana. Regista, attore, scenografo, ricercatore di una sintesi tra arte e tecnologia.
A cura di Cauteruccio, le Edizioni Clichy hanno pubblicato nel 2016 un curioso volumetto dal titolo Nel buio di un teatro accecante.
“Proprio in un luogo recondito della mia esistenza Beckett mi ha condotto a cercare – racconta l’artista nell’introduzione al volume. – È lì che ho ritrovato la mia lingua madre, la mia voce da giovane pronunciata nel mio dialetto calabrese abbandonato poco meno che ventenne. Precipitato nel ventre di mia madre, nel cratere della mia terra originaria, dopo lunghissima esitazione vissuta nella cabina di regia, ho potuto finalmente portare il mio corpo e la mia voce sulla scena, grazie all’insegnamento di Beckett che mi ha spinto a trasferire Finale di partita in U jocu sta’ finiscennu”.
L’incredibile trasposizione dialettale di Finale di partita – incredibile per la capacità di mantenere intatta la potenza del testo originale di Beckett facendone emergere al tempo stesso nuove, altrettanto potenti sfumature – è il punto più estremo di un corpo a corpo tra Cauteruccio e Beckett iniziato nel 1989 quando l’artista calabrese portò in scena Forse, uno “studio scenico” dell’opera beckettiana. Altrettanto importante il lavoro di Cauteruccio su Krapp, forse una delle interpretazioni più riuscite della pièce che Beckett compose nel 1958.
Completano il volume una cronologia della vita di Beckett, brani dalle sue opere – non solo teatrali – un florilegio di citazioni tratte dalla critica e una ricca selezione fotografica. Ne viene fuori una sorta di prontuario beckettiano, un agile vademecum da cui prendere spunto per avvicinarsi nuovamente all’opera del Nostro.